giovedì 10 ottobre 2013

La dialettica servo-padrone

"Se l'affermazione di sé passa per l'imposizione di sé stesso all'altro, chi è più
forte vince la lotta e si afferma come signore di chi invece ha paura e, pur di
aver salva la vita, accetta di servire.
Ma il signore, che vive del lavoro del servo, finisce col dipendere da lui,
mentre il servo, nel lavoro, nella disciplina, nei prodotti della sua fatica,
trova se stesso e si rende indipendente: il servo non ha più paura".
Hegel, Fenomenologia dello spirito


18.30: cammino con la mente vuota tra i corridoi di un negozio di abbigliamento: tocco le stoffe, accosto i nuovi arrivi sul  corpo, annuso i profumi, vedo i prezzi, passo velocemente davanti agli specchi.

Non esiste  niente al di fuori di questo negozio, niente a cui valga la pena rivolgere l’attenzione. Anche senza comprare nulla mi diverto a vedere i pezzi dell’ultima collezione, aggiornatissima sulle tendenze autunno inverno 2014.  
Così, in questo modo assolutamente inutile, senza un significato né valore faccio scivolare l’ennesima giornata trascorsa quando allenamento-lavoro-pranzo-lavoro-spesa e commissioni varie si sono susseguiti nella solita routine.

Sprofondo le narici  in una fragranza appena sistemata sugli scaffali -profumo intenso, agrumato, come piace a me, lo compro-, poi mi faccio due conti in tasca e penso che forse è meglio rimandare l’acquisto al prossimo mese. Dopo un minuzioso aggiornamento del saldo bancario con la mia coscienza poso il profumo sullo scaffale e parte la suoneria del telefono che si sovrappone  alla house ottusa che suona nel negozio.

Fisso lo schermo fermamente intenzionata a non rispondere-neanche fosse il Papa- poi vedo lampeggiare il nome del mio capo e decido di premere la cornetta verde –chissà cosa ho combinato sta' volta!-

Dal suo tono di voce capisco essere un danno di bassa entità, ma qualsiasi motivazione non avrebbe comunque giustificato una telefonata mentre cerco di svuotare la mente davanti allo scaffale dei profumi.

Dopo un piccolissimo preambolo di scuse per il disturbo parte il nocciolo della comunicazione, ovvero una serie di cose che avrei dovuto assolutamente fare l’indomani tra cui sistemare un foglio excel. Con le narici piene di agrumi, cerco di auto-somministrarmi  un po’ di aromatherapy, quale urgenza c’è in questa comunicazione  se tutto il lavoro richiesto viene rimandato al giorno dopo?

Poi penso alla dialettica servo-padrone, riempiendo di un pizzico di saggezza il locale illuminato dai neon. A ritmo di house mi  ripeto “ il signore è servo del servo e il servo diventa signore del signore”. Suona bene questa melodia, è quasi meglio della disco.

Il punto è che il mio capo non avrebbe affrontato in salute il resto della serata se non mi avesse fatto questa comunicazione, perché il solo modo di controllare la sua ansia è , in questo momento, accertarsi che il servo svolga in tempi brevi il lavoro richiesto. Il mio cenno di obbedienza gli avrebbe permesso di dormire sonni tranquilli e, con un sorriso di tenerezza, saluto il padrone-servo che si raccomanda per l’ultima volta prima del commiato.
Esco dal negozio pensando che a qualcosa  mi è proprio servita questa laurea in filosofia, lo capisco dalle piccole cose quotidiane, l’ho capito qui, in questo ambiente glitterato, con gli agrumi nel naso e il mio capo nelle orecchie. L’ho capito cantando la dialettica servo-padrone a ritmo di house e chiudendo il telefono senza provare rabbia o eccessivo fastidio.
L' ho capito ridendo perché, seppur il mio capo pensa di capeggiarmi e guadagna uno stipendio 5 volte il mio, che vuoi che ne sappia lui della dialettica servo-padrone?

Penserà mai di se stesso di essere diventato servo del servo?


2 commenti:

  1. Mi ricopierò questo post. Certo che lo faccio. Non sai quanto mi infastidisce l'invadenza del lavoro nella parte privata del giorno dedicata alla mia altra vita. Però non l'avevo mai vista in questi termini e forse la prossima volta, tenendolo a mente, la cosa mi farà sorridere almeno un pochino.

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