mercoledì 5 settembre 2012

Memor(i)andum

Fondamentale non è svegliarsi bene, ma essersi coricati con un pensiero felice. Anche ieri ho chiuso gli occhi dopo aver fatto pace con la giornata appena trascorsa e stamattina ho sentito un delicato velo di pace sul cuore e una manciata di buoni propositi nella mente.
Ho deciso che nei prossimi giorni mi dedicherò alla raccolta degli ingredienti per la preparazione del calzone di cipolla con qualche modifica alla ricetta originale, pane integrale con miele e semi di zucca e girasole e, sfida delle sfide, ho deciso di preparare in casa il lievito madre.
Per quanto riguarda il calzone eliminerò gli ingredienti di origine animale sfidando la tradizione con una ricetta vegan che spero pubblicherò al più presto sul blog. Un po’ più difficile sarà invece preparare il lievito madre, è da due giorni che leggo ricette e consigli e, dopo lunghe ricerche, penso di aver trovato quella che seguirò. Ho letto che ci sono delle persone che continuano ad utilizzare la pasta acida che hanno preparato all’incirca 8 anni fa continuandola a rinfrescare con farina e acqua. Penso sia un rito molto romantico continuare a fare il pane utilizzando un lievito che da anni cresce con te, è un pezzo di storia, della tua vita.
Il terzo proposito riguarda invece la preparazione del pane, pratica già sperimentata e che penso possa essere paragonata ad un vera e propria cerimonia. Per il pane ci vuole pazienza, amore, calore e cura perché è come se l’impasto risentisse dell’umore di chi lo prepara. Quando penso al pane fatto in casa  penso a me bambina e a mio padre.
-Mi svegliavo presto per andare a scuola e attraversavo con i piedini piccoli piccoli il corridoio ancora buio. Ad occhi chiusi mi dirigevo verso la cucina guidata dal sol profumo di mollica calda che, alle 6 di mattina, esplodeva nella mia casa. Era un pane perfetto, ben lievitato, un poco scuro che mio padre faceva crescere su una copertina di lana. Ricordo perfettamente ogni immagine di quel rito magico come se avessi davanti una fotografia. Arrivavo in cucina infreddolita, stretta nel mio pigiama di cotone pesante e mi sedevo sulla sedia. I piedi non toccavano ancora il pavimento e mi reggevo con le mani la faccia assonnata deformandomi le labbra in una buffa smorfia. Guardavo la luce del forno ancora accesa, il pane era custodito nel calore mentre sul fuoco bolliva la tisana di orzo. Profumi indimenticabili, ricordi che ancor’oggi mi stringono il petto-.
Ritorno con la mente ai miei buoni propositi per portare nella quotidianità un pezzo di storia, una traccia del mio cuore.

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