martedì 16 ottobre 2012

In fieri

Non si tratta di metereopatia, anzi. Se proprio dovessi avvertire il peso del tempo sul mio umore direi che funzionerebbe al contrario: in estate mi sento fiacca e un po’ apatica, il respiro non mi funziona bene e il caldo è davvero un nemico per la mia voglia di fare e di muovermi.
Eppure, in questi giorni di pioggia e freddo, un po’ mi sono persa tra i vialetti malinconici della mia mente passeggiando lungo sentieri in penombra fatti di pensieri, dubbi e sogni non ancora realizzati. È come se vivessi ogni giorno con una fame  insoddisfatta, mangio i miei giorni come se fossero quel che rimane tra me e quel qualcosa che ancora deve arrivare.
Sento ora dopo ora, mese dopo mese di essere uno scultore con in mano l’argilla del mio corpo e del mio destino, ma quale statua sto costruendo? Un giorno delineo le dita delle mani, poi le braccia, gli occhi, il cuore, il naso, ma non riesco a vedere ogni parte di me, né a modellare il sentiero verso il quale dirigermi.
È come se fossi un’opera ancora custodita nello studio dell’artista, pian piano prendo forma e, nelle giornate di luce, mi lascio baciare e avvolgere da strisce di sole riempiendomi di calore e pensieri colorati.
A volte vorrei rimanere a lungo nello studio perché non mi sento pronta agli occhi del mondo, altre vorrei essere la statua di un gigante, così grande da rompere muri e vetri e vedere i paesaggi con lo stesso sguardo di una montagna.
Alla fine mi ritrovo ad essere una donna in un corpo normale,  morbido e profumato che può dirigersi in ogni direzione e sentirsi nel cuore a tratti formica a tratti gigante avendo la libertà di muoversi tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande così come consigliano i sogni e le sensazioni quotidiane.
Ho lasciato i giardini della mia mente concentrandomi sugli odori e i colori di queste giornate. Profumo di lavanda e castagne che mi riportano nel giardino di casa. Sacchetti profumati e scoppiettii nel camino.
Stamattina ho sollevato la testa e spinto lo sguardo al di là dei vetri del tram: il sole si sollevava debole dalla campagna macchiando di un morbillo di luce l’erba e le rotaie mentre un fumo d’aria tinteggiava la linea dell’orizzonte.
Sorrido. Sono in me, un poco gigante, un poco formica.

1 commento:

  1. Se tu mi chiedessi, adesso, il senso delle cose che quotidianamente ci fanno "essere" probabilmente non saprei risponderti in modo preciso, anzi, sicuramente non lo saprei fare. Però finché incontro persone come te, io non mi sento sola in questo "esercizio" faticoso e difficile di andare a fondo del proprio sentire intimo, superando la paura di quello che ci si potrebbe trovare. Un bacio.

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