Venerdì 14. È già da due giorni che mastico brutte parole contro il traffico sregolato delle 8 di mattina.
Mi ero abituata proprio bene nella Milano desolata del mese di Agosto:a qualsiasi ora decidevo di uscire con la bicicletta trovavo le strade completamente libere a parte gli onnipresenti tram, taxi e qualche motorino, ma nulla a che vedere con i macchinoni di questi giorni.
Poi nella mia mente ho fatto 2+2. La causa non è tanto il rientro dalle vacanze, ma, ahimè l’inizio delle scuole, un vero e proprio carnevale di tipi umani dove le maschere più brutte le indossano quasi sempre i genitori.
Ci sono certi quartieri di Milano che sono delle vere e proprie vetrine e non sai mai se tra un capello appena fonato, una mercedes ultimo modello e mamme anoressiche stai attraversando una scena di una fiction dove, subito prima di te son passati truccatori e parrucchieri.
Il quartiere che attraverso ogni mattina è uno di questi e la scuola sulla strada è un collegio privato responsabile di educare e istruire la Milano-bene. Che Dio ci salvi!
Bambini a parte che, fortuna nella disgrazia, indossano un’uniforme anche abbastanza carina, i ragazzini hanno un aspetto più spietato dei loro genitori. Abiti firmatissimi e tutti super fashion, gioielli, occhiali da sole, pelle abbronzata, tutte le ragazze magrissime e tutti i ragazzi palestrati .
Basta spostare un po’ la testa e guardare i genitori. Mentre i loro figli anoressici e abbronzatissimi entrano nell’edificio, rimangono fuori per strada o al bar a civettare sulle loro vacanze in posti lontanissimi e sconosciuti, sulle palestre che hanno appena aperto e sulle ultime diete che vanno di moda.
Mi vien da ridere perché penso a quando andavo io a scuola: mi rannicchiavo assonnata nella 500 di mia mamma tutta vecchia e scassata, avevo le cacchette ancora attaccate agli occhi ed ero vestita normale, con una pelle tipica di una persona che a Settembre va a scuola e non al mare.
-Mamma metti la musica- dicevo e il viaggio in macchina era una buona occasione per continuare a dormire un altro pochino. Nello zaino avevo un pacco di cracker o la ciambella che mia madre aveva preparato il giorno prima, un succo e una bottiglietta di acqua del rubinetto non filtrata.
I capelli avevano il mio colore e il mio zaino era uno zaino normale di quelli che ti arriva sul culo e in cui puoi mettere i vocabolari quando hai i compiti in classe di latino e greco.
Quando arrivavo mia mamma non parcheggiava, ma io scendevo al volo e mai senza averle prima dato un grosso bacio sulla bocca. Quando ero incazzata invece dicevo le parole brutte e sbattevo lo sportello ma, dopo aver attraversato la strada, mi sentivo un po’ in colpa.
Correvo per raggiungere i miei amici, un bacio, una spinta, una parolaccia, un insulto e poi si entrava insieme in classe sperando che quel giorno la prof. non avrebbe interrogato proprio te. Non era una fiction, ma la mia vita vera e propria senza nessuna caricatura, nessun parrucchiere e nessun truccatore.
Bella rivelazione il tuo blog,girovagando in rete
RispondiEliminal'ho scoperto ,mi piace come scrivi e quello che dici...assolutamente d'accordo con te sulla tragicomica invasione di macchinoni nelle città!!!
A presto felice di averti incontrato Anto.
Ciao Anto, mi fa felice sapere che ti fa piacere leggermi. Quando scrivo è come se parlassi a voce alta per raccontare una storia. Ed è sempre bello sapere che c'è qualcuno che vuole ascoltarla. A presto.Dalila
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