Con le dita sto già portando il conto: i biglietti sono fatti, la cartella-documenti è tutta sistemata, mi mancano gli ultimi fogli
di accertamenti sanitari. È iniziato il conto alla rovescia e, nel tempo
libero, compilo una lista di cose assolutamente da fare prima di partire.
In questi ultimi, dilanianti, infiniti e insistenti giorni
di pioggia, faccio finta di essere da un’altra parte, possibilmente a casa dei
miei, a fare le valige per la Florida, possibilmente in Puglia,
con 22 gradi, il sole e le mimose già in fiore. Così me ne starei: a manica corta,
in braccio al mare e senza far niente, ad aprire la lista delle cose da fare:
1)Addentare 1 euro di focaccia. Quella sottile,
bruciacchiata, con il pomodoro sopra. Quella che lascia sulla carta l’alone di olio e che quando finisci di mangiare (nonostante carta e fazzoletti) hai le mani tutte unte e i pezzetti di pomodoro in mezzo
ai denti.
2)Andare a mangiare il panzerotto da Di Cosimo. Il
panzerotto di Di Cosimo è gigante, che non bastano due mani per tenerlo. La
mozzarella straborda insieme a tutto il sugo e se non vuoi sporcarti lo devi
mangiare con tutta la carta attorno, un poco piegato in avanti. Il panzerotto
di Di Cosimo è rigorosamente fritto, va mangiato bollente che quasi quasi ti
bruciano le labbra.
3) Poi voglio prendere un gelato enorme, a
Polignano, guardando il mare e le casette piccole, di pietra. Di quella pietra
che prende il sole come una bagnante. Quella pietra morsa dalla salsedine,
scalfita dal vento. Che ha un odore proprio. Voglio scendere gli scalini che
portano al mare con in mano il gelato più grosso della mia faccia, la panna
sotto e sopra così il cono non rimane mai vuoto.
4)E poi voglio mettermi in bicicletta e farmi
tutto il Lungomare fino alla Fiera del Levante, possibilmente al tramonto, con
l’asfalto tiepido e i gabbiani che urlano. Vorrei pedalare senza staccare gli
occhi dal cielo rosa, passare dal pescivendolo che apre i ricci, vedere i
pescatori che ritirano le reti, sentire la puzza delle alghe che marciscono sul
marciapiede e i bidoni della spazzatura piene di Peroni. Voglio arrivare fino
al faro, dove inizia a sentirsi il profumo dei forni a legna, quelli delle pizzerie
che si affacciano sul mare. Voglio legare la bici al palo, prendere la pizza
nel cartone, gli anellini fritti e la coca cola. Voglio sedermi sul muretto in
ciabatte e guardare il mare fino a quando non mi stanco, fino a quando non
finisce tutta la pizza, fino a quando è buio e non c’è più niente da vedere.
5) Voglio andare a fare la spesa al mercato rionale dove ti
gridano addosso, dove se chiedi –ma questi mandarini come sono?- il fruttivendolo ti risponde –Signorì na squisitezza- e poi ti prende il mandarino, te lo apre a
metà e ti dice –Assaggi, assaggi. Mangi scorz e tutt-
6) Vorrei salutare tutte le zie e i cugini, stare
con la mia famiglia e mangiare le cose buone, con la zia che cucina come se non
ci fosse un domani, come se in America non si trovasse del cibo. Come se le
cose buone si trovano solo qui, con questo sole e questa terra. Che un po’ forse è vero.
Ma più di tutti vorrei salutare mia nonna, che non vedo da tempo, che
non so se mi riconosce, che l’ultima volta che le ho detto – Nonna non vado più
a scuola, vivo a Milano ora- lei ha pensato che Milano fosse lontana come un
altro continente. Allora vorrei dirle -Nonna vado in America- e lei mi racconterà che
gli americani li ha visti per davvero, che dopo la guerra gli americani
facevano il filo alle sue amiche e che a lei davano la cioccolata.
Penso che siano di più di queste 6 cose, ogni giorno me ne
viene in mente un’altra da fare. Perché non voglio stare mai ferma prima di
partire. Perché bisogna viaggiare, adattarsi, sperimentare, andare da na parte
e da un’altra. Ma casa non la vedo da tempo, e a casa, spesso e volentieri si
ritorna.
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