giovedì 20 febbraio 2014

Ultime cose da fare: la lista

Con le dita sto già portando il conto: i biglietti sono fatti, la cartella-documenti è tutta sistemata, mi mancano gli ultimi fogli di accertamenti sanitari. È iniziato il conto alla rovescia e, nel tempo libero, compilo una lista di cose assolutamente da fare prima di partire. 
In questi ultimi, dilanianti, infiniti e insistenti giorni di pioggia, faccio finta di essere da un’altra parte, possibilmente a casa dei miei, a fare le valige per la Florida, possibilmente in Puglia, con 22 gradi, il sole e le mimose già in fiore. Così me ne starei: a manica corta, in braccio al mare e senza far niente, ad aprire la lista delle cose da fare:
1)Addentare 1 euro di focaccia. Quella sottile, bruciacchiata, con il pomodoro sopra. Quella che lascia sulla carta  l’alone di olio e che quando finisci di mangiare (nonostante carta e  fazzoletti) hai le mani tutte unte e i pezzetti di pomodoro in mezzo ai denti.



2)Andare a mangiare il panzerotto da Di Cosimo. Il panzerotto di Di Cosimo è gigante, che non bastano due mani per tenerlo. La mozzarella straborda insieme a tutto il sugo e se non vuoi sporcarti lo devi mangiare con tutta la carta attorno, un poco piegato in avanti. Il panzerotto di Di Cosimo è rigorosamente fritto, va mangiato bollente che quasi quasi ti bruciano le labbra.




3) Poi voglio prendere un gelato enorme, a Polignano, guardando il mare e le casette piccole, di pietra. Di quella pietra che prende il sole come una bagnante. Quella pietra morsa dalla salsedine, scalfita dal vento. Che ha un odore proprio. Voglio scendere gli scalini che portano al mare con in mano il gelato più grosso della mia faccia, la panna sotto e sopra così il cono non rimane mai vuoto.



4)E poi voglio mettermi in bicicletta e farmi tutto il Lungomare fino alla Fiera del Levante, possibilmente al tramonto, con l’asfalto tiepido e i gabbiani che urlano. Vorrei pedalare senza staccare gli occhi dal cielo rosa, passare dal pescivendolo che apre i ricci, vedere i pescatori che ritirano le reti, sentire la puzza delle alghe che marciscono sul marciapiede e i bidoni della spazzatura piene di Peroni. Voglio arrivare fino al faro, dove inizia a sentirsi il profumo dei forni a legna, quelli delle pizzerie che si affacciano sul mare. Voglio legare la bici al palo, prendere la pizza nel cartone, gli anellini fritti e la coca cola. Voglio sedermi sul muretto in ciabatte e guardare il mare fino a quando non mi stanco, fino a quando non finisce tutta la pizza, fino a quando è buio e non c’è più niente da vedere.



5) Voglio andare a fare la spesa al mercato rionale dove ti gridano addosso, dove se chiedi –ma questi mandarini come sono?- il fruttivendolo ti risponde –Signorì na squisitezza- e poi ti prende il mandarino, te lo apre a metà e ti dice –Assaggi, assaggi. Mangi scorz e tutt-


6) Vorrei salutare tutte le zie e i cugini, stare con la mia famiglia e mangiare le cose buone, con la zia che cucina come se non ci fosse un domani, come se in America non si trovasse del cibo. Come se le cose buone si trovano solo qui, con questo sole e questa terra. Che un po’  forse è vero
    Ma più di tutti vorrei salutare mia nonna, che non vedo da tempo, che non so se mi riconosce, che l’ultima volta che le ho detto – Nonna non vado più a scuola, vivo a Milano ora- lei ha pensato che Milano fosse lontana come un altro continente. Allora vorrei dirle -Nonna vado in America- e lei mi racconterà che gli americani li ha visti per davvero, che dopo la guerra gli americani facevano il filo alle sue amiche e che a lei  davano la cioccolata.

Penso che siano di più di queste 6 cose, ogni giorno me ne viene in mente un’altra da fare. Perché non voglio stare mai ferma prima di partire. Perché bisogna viaggiare, adattarsi, sperimentare, andare da na parte e da un’altra. Ma casa non la vedo da tempo, e a casa, spesso e volentieri si ritorna.






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