mercoledì 23 ottobre 2013

Se la Nutella non si chiamasse Nutella, Rita sarebbe il suo nome!

Sabato appena trascorso. Una squisita cena a casa di amici a base di zucca e pane fatto in casa. Vino bianco e taralli zuccherati per dessert. Intermezzo a base di tonno che due di noi hanno preferito saltare -Sono vegetariano, non mangio bestie!-, spiegava un amico al padrone di casa.

Tra una portata e l’altra le guance si facevano rosse, le conversazioni spezzettate affrontavano svariati temi e fuori un debole autunno alitava sulla città:

La prima nebbiolina.

Arrivati al dolce iniziavamo a parlare di cose importanti, il vino regalava le giuste parole per affrontare temi caldi: politica, alimentazione, scelte di vita, cambiamenti radicali. Piccole e grandi rivoluzioni. Si passava dalle colpe del mondo per arrivare alle responsabilità individuali. Una piccola e accogliente tavola democratica: ognuno ci teneva a dire la sua e ascoltava  interessato la risposta altrui.

Almeno in cucina e davanti ad un buon bicchiere divino la democrazia sembra ancora possibile. Pare anche che ci siano buoni intenti per cambiare la propria vita e impegnarsi a dare il meglio di sé.

Noi italiani siamo bravi a fare queste cose, soprattutto a tavola.

Cavolo si è fatto tardi!, in due ci scambiamo uno sguardo complice per dirci che dobbiamo darci na’ mossa se non vogliamo perdere l’ultima metro
Dopo tutti quei bei discorsi su un mondo più sostenibile ci diciamo –Dai la facciamo a piedi!- ed effettivamente potevamo visto che avevamo una cena da smaltire.
Poi però una scusa tira l’altra e via in metro fino ad una fermata che ci consentisse comunque una bella passeggiata fino a casa.

Sentivo la zuppa di zucca ancora calda nello stomaco e il lievito del pane appena sformato creare i primi bozzi sulla pancia. La digestione aveva inizio, si riapriva il dibattito.

Guardavo gli alberi lunghi e fruscianti che ondulavano nel buio. Maestosi abbracciavano il  Parco Sempione  per proteggerlo dalla notte.

Hai visto quella cagata della Nutella? C’è scritto Pasquale sui barattoli!-. Il mio amico riapriva il gioco democratico della conversazione.

- Ma sì!- gli rispondevo, -è la stessa cosa che ha fatto la Coca Cola, stessa razza-.

- Ti dirò di più- aggiungevo, -Su facebook spopolano già le prime foto. Devi vederle: barattoli personalizzati con frasi d’amore-.

- Del tipo 1 kilo di amore e di bontà con i nomi dei fidanzatini-.
-Oh Signore!-  rispondeva lui. –Ma la gente è stupida!-
- Non è informata! – rispondevo in modo politically correct.

Questo processo di personalizzazione del brand pare faccia sentire i consumatori più coccolati. Come se la marca si rivolgesse singolarmente ad ognuno di loro riportando i propri nomi. Come se la Nutella o la Coca Cola s’incaricassero di coronare sogni d’amore al cioccolato o di firmare dediche.

La verità è che a nessuno frega niente. Vogliono solo entrare di più nelle nostre case, nei nostri stipetti, nelle nostre foto Instagram. Non stanno lavorando per te, ma stanno agendo contro di te. Svegliati!!!

Il nome sulla confezione non è una firma, è la strategia di un brand. Elementare Watson!
 - Ci pensi a fare a Bari una pubblicità del genere?- Riprendeva il discorso.
 Come la chiami la Nutella? Vito? Pinuccio? Nicola?-
-Guarda che funzionerebbe- gli rispondevo -E comunque sta’ roba prima o poi arriverà dappertutto!-

Poi però pensavo a tutte quelle persone che non badano alle marche, vuoi per saggezza, vuoi per risparmio, me compresa, per l’uno e per  l’altro motivo.
E gli dicevo – Fosse per me continuerei a comprare la Spalmella del Discount. Hai presente quella bicolore zuccheratissima?-

Scoppiavamo in una sonora risata immaginando queste mega famiglione del Sud che spingono i carrelli dentro al Penny Market.  I bambini che urlano tra un corridoio e l’altro del supermercato –io voglio questo- -Mamma mi compri questo???- E no perché prendiamo sempre questi biscotti. A me fanno schifo!- E  via con urli e piagnistei, calci ai carrelli e lacrime amare versate davanti ai Pan di Stelle della Mulino Bianco.

Il nome sul pacco è un’eccezione, una trovata. Durante il mese si va al supermercato con l’ansia del 27, si contano gli spiccioli fino all'ultimo centesimo.
Il nome sulla confezione è per le foto su Instagram, per gli autoscatti in fila al Duomo, per il regalo a San Valentino.

Purtroppo, dopo il nome sul pacco la gente penserà che, anche senza firma propria, quel brand è vicino alle persone, alle famiglie e si prende cura di noi. Questo è il triste scenario dopo l’eccezione.

La serata è finita, arriviamo con un po’ di tristezza davanti al portone. Gira e rigira il mondo non è così facile da cambiare, ma partiamo da noi.

Mi rullo una sigaretta dal portatabacco lasciato sul tavolo. Dovrei smettere, altro che Nutella. Della serie chi è senza peccato scagli la prima pietra.

Ma, la domanda è,  chi è davvero senza peccato?



1 commento:

  1. Hey...passo per un saluto. Come sono questi tuoi giorni che corrono verso il Natale?

    RispondiElimina