Quando andavo dalle suore collezionavo pile su pile di
quaderni doppi, erano i quaderni dei temini,
che usavamo nei giorni dedicati ai compiti in classe d’italiano, poi, a tempo
scaduto, la maestra li ritirava e noi aspettavamo con ansia i risultati.
Io avevo bravissima
ed eccellente, scrivevo pagine e
pagine di pensierini, sogni di bambina, un mondo visto senza toni scuri. Mi
ricordo quando la maestra dettava la traccia del tema, mi sentivo un'atleta
sulla linea di partenza, l’ultima parola che usciva dalla sua bocca era il
colpo di pistola.
Scrivevo tutto quello che mi passava per la mente, come se la
scrittura mi servisse a realizzarlo.
Per il fatto che calcavo molto mi uscì presto un calletto al
dito medio, io me ne compiacevo come se fosse il segno distintivo di noi scrittori e, quando tornavo a casa,
continuavo a scrivere copiando le storie dai libri delle favole, dai giornali,
da tutto quello che trovavo. Mi ricordo che un giorno ho copiato pagine e
pagine di un libro di grammatica greca di mio padre, cercando anche di
riprodurre alla perfezione l’alfabeto.
Poi in casa arrivò una Olivetti grigia, io la guardavo e
riguardavo come un piccolo mostriciattolo. Come avrei fatto senza la penna ad
ispessire il mio callo? Era come allenare ed irrobustire il mio muscolo da
scrittrice.
Per parecchi giorni ne stetti alla larga, guardandola da
lontano e, nonostante la mia diffidenza, la tenevo sempre d’occhio. Ci stavamo
corteggiando in vista dell’imminente appuntamento.
Con la tastiera di quella vecchia Olivetti ho scritto il mio
primo racconto. Avevo 11 anni e avevo appena finito di vedere un film a puntate
con Anna Falchi: La principessa e Il povero. Faceva su canale 5. Roba da
due soldi, ma che fu per me bambina , di
grande ispirazione.
Scrissi una storia in cui io ero un tutt'uno con la
principessa , altro che narratore eterodiegetico, lasciai tali e quali anche i
nomi: la principessa aveva chiaramente il mio nome e il principe il nome del
protagonista del film. Mi ricordo però che il racconto aveva un grande
messaggio sociale e di solidarietà in cui alla fine non esisteva più differenza
tra ricchi e poveri e sparivano tutti i principi e le principesse per dare vita
ad un mondo uguale.
Dopo quella volta non ho più usato la macchina da scrivere.
Il racconto fu corretto da mio padre perché avevo fatto parecchi errori di
grammatica e ora giace in qualche raccoglitore in cantina dei miei, insieme ai
quaderni dei temini.
Ho un buco nero di ricordi sulle scuole medie, bene o male
rimanevo sempre la cocca della docente d’italiano anche se un giorno, durante
il colloquio con i genitori, disse a mio padre che ero troppo garibaldina. Ma
infondo, cosa ne poteva sapere lei che, molti anni prima avevo già scritto su
una repubblica egualitaria dove tutti si
amavano senza nessuna distinzione sociale?
Poi arrivò il liceo e, i primi due anni di ginnasio li
iniziai volendo dimostrare al mondo intero, e, prima di tutto alla prof., che
razza di scrittrice ero. Iniziarono a volare i primi 4, che poi diventarono 5meno, era finito il tempo di Anna Falchi, dovevo iniziare a scrivere come un’adulta.
Tutte quelle pagine calcate come fossero flussi di coscienza non le voleva più
nessuno. Fu così che imparai a scrivere pensieri brevi, ad adottare uno stile
più asciutto e meno fiabesco. Mi ricordo che i periodi con troppa retorica
venivano segnati come errori.
Iniziai a vedere i primi 8 durante gli anni del liceo, quando
la prof. ci faceva scrivere articoli di giornale su temi di attualità. Durante
quel periodo benedicevo gli insegnamenti del ginnasio che, all'epoca mi
provocarono grossi pianti, riunioni di famiglia e ansie da prestazione.
In tutto questo, nonostante il volume di grammatica greca
ricopiato quasi interamente all'età di 10 anni, continuavo ad avere 3meno alle versioni, quindi quel primo approccio
non fu per nulla un presagio del mio rapporto con la lingua dei padri.
Oggi, a distanza di anni, ogni volta che scrivo ringrazio la
Olivetti, Anna Falchi e la prof. del ginnasio.
La prima perché attraverso la tastiera mi sono un po’ tolta
quel calletto senza ammorbidire la passione, la seconda perché con La
Principessa e Il povero ho iniziato a scrivere di cose belle, la terza perché mi
ha insegnato a scrivere di cose belle in modo semplice e senza troppa retorica.
Ovvero come continuare a raccontare di principesse con uno stile un po' più punk.
ah ah...bello scrivere di principesse con uno stile punk! Ma poi il valletto ce l'hai ancora, di la verità...a me il mio non è mai andato via :-)
RispondiEliminaC'è, c'è ancora. è soltanto più levigato, merito di costante applicazione di crema per le mani :)
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